Economia e Lavoro

Utilizzo del contante nelle transazioni commerciali e non

Pubblicato il 27 Luglio 2023, scritto da Danilo Puliani

Un limite all’utilizzo del contante fu posto per la prima volta nel 1991, 20 milioni di lire poi convertiti in Euro a partire dal 1° gennaio 2002, allo scopo di contrastarne l’uso nel sistema economico al contrasto del riciclaggio dei proventi derivanti da attività criminose. Dopo un ulteriore aumento, fino a 12.500 euro sempre nel 2002, nel 2008 venne ridotto a 5000 euro in attuazione di due direttive europee; solo pochi mesi dopo, però, si ritornò ai 12.500 euro, per poi ripristinare i 5000 euro nel 2010 e dimezzarli nel 2011 fino a 2.500.
Con Monti si arrivò con Decreto del 6 dicembre 2011 al limite dei mille euro, il tetto più basso finora adottato per poi risalire dal 2016 a 3.000 euro; ma con decorrenza 1 luglio 2020 venne abbassato di nuovo a 2.000 euro ed infine con decorrenza 1 gennaio 2023, riportata la soglia a 5.000 euro.
Questo ci dimostra come alla politica stia a cuore il tema e negli ultimi venti anni sembra non esserci ancora una direttiva chiara su come applicare correttamente tale normativa.
Il discorso è contrastante: da una parte c’è chi sostiene che l’utilizzo del denaro contante sia oramai obsoleto ove le transazioni elettroniche, soprattutto con l’avvento preponderante del commercio online, la facciano da padrone e sono lo strumento che permette la tracciabilità del flusso, anche ai fini del sommerso.
Da una parte invece c’è chi sostiene la teoria secondo cui non c’è alcuna correlazione tra l’economia sommersa e l’utilizzo del contante, non essendoci a tutt’oggi studi acclarati che ne determinano la certezza.
D’altro canto è innegabile che facilitare l’uso del contante, consenta alle mafie uno svolgimento più agevole dei propri affari, nonostante nell’ultimo periodo sembra ci sia un adeguamento della criminalità organizzata circa l’utilizzo delle criptovalute.
Probabilmente limitarne l’uso nelle transazioni commerciali, ponendo un tetto molto basso, potrebbe far emergere quell’economia sommersa che in Italia pesa sul Bilancio dello Stato per miliardi di euro, costringendo gli operatori a fatturare completamente la transazione (come sta avvenendo con il Bonus 110%).
Di contro nell’utilizzo del contante da parte dei cittadini, lo Stato sta già normando da diversi anni la materia, avendo obbligatoriamente imposto per alcune spese, come quelle mediche, quelle per le ristrutturazioni, le locazioni, la tracciabilità con strumenti idonei.
Ad oggi un cittadino per potersi detrarre alcune spese in dichiarazione dei redditi, deve poter dimostrare che le stesse siano state sostenute con sistemi di pagamento tracciati; non vale ancora per tutte le spese consentite.
Se si liberalizza completamente l’utilizzo delle bancanote, una soluzione potrebbe essere quella di tracciare obbligatoriamente la spesa che si vuole detrarre tramite la tessera sanitaria, come avviene attualmente con le spese mediche e i farmaci da banco.
Agevolare e incentivare gli strumenti elettronici abbattendo e/o azzerando i costi sia per l’utilizzatore che per il percettore con una commissione pari a zero sui prelevamenti e zero costi di gestione annuali del bancomat, che altro non è che una carta di debito che puoi utilizzare solo se hai disponibilità sul conto corrente, porterebbero ad una parificazione tra denaro contante e elettronico, smorzando definitivamente le polemiche intorno al problema dei costi bancari e del sistema finanziario in generale.
Discorso a parte è per le carte di credito, vere e proprie aperture di credito concesse dagli Istituti ove è normale sostenere un costo per il servizio offerto.
Il problema della tracciabilità di come e cosa spendiamo non è, ad avviso dello scrivente, una limitazione alla libertà personale, ma monitorare come Stato l’effettivo reddito pro capite.
Nel monitorare il “redditometro” di ognuno di noi, potrebbero attenuarsi i casi di indebiti percettori di somme a sostegno del reddito oppure calmierare il fenomeno delle “teste di legno” a capo di società fittizie, risalendo al vero dominus delle stesse o capire la correlazione che c’è tra scarsi redditi dichiarati, evasione fiscale e potenziale di spesa.

Ma questi sono solo alcuni casi presi in esame e da specchietto per capire l’effettivo problema che impatta comunque sulla vita reale e giornaliera di ognuno di noi.
La politica dovrebbe normare tale materia pensando solo al bene pubblico e al Bilancio dello Stato, imponendo un abbattimento dei costi del servizio bancomat al sistema bancario e proponendo sgravi fiscali commisurati al volume delle transazioni.
Di certo, visto l’evoluzione normativa, ne vedremo ancora delle belle, ove l’altalena delle oscillazioni di valore e dei tetti massimi non impatterà comunque in alcun modo sul lucro crescente delle banche, finchè non ci sarà una vera e propria volontà politica di mettere mano seriamente alla materia.


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