“Un ricchissimo Principe indiano era talmente potente che ogni suo desiderio poteva essere esaudito. Il Principe trascorreva le sue giornate nella noia ma un giorno annunciò a tutti che avrebbe donato qualunque cosa richiesta a colui che fosse riuscito a farlo divertire. A corte si presentarono personaggi d’ogni genere, eruditi saggi e stravaganti fachiri, improbabili maghi, sfarzosi nobili e plebei, ma nessuno riuscì a rallegrare il Principe. Finché si fece avanti un mercante, famoso per le sue invenzioni tale Sissa Nassir, il quale aprì una scatola, estrasse una tavola con disegnate alternatamente 64 caselle bianche e nere, vi appoggiò sopra 32 figure di legno variamente intagliate, e si rivolse al nobile reggente presentandogli il gioco degli scacchi. Il mercante dopo aver presentato le regole del gioco, lo sconfisse in una partita dimostrativa. Fu alla quarta sconfitta consecutiva che capì il genio del mercante, accorgendosi per giunta che non provava più noia ma un gran divertimento! Memore della sua promessa, chiese a Sissa Nassir quale ricompensa desiderasse. Il mercante chiese un chicco di grano per la prima casella della scacchiera, due chicchi per la seconda, quattro chicchi per la terza, e via a raddoppiare fino all’ultima casella. Stupito da tanta modestia, il Principe diede ordine affinché la richiesta del mercante venisse subito esaudita. Gli scribi di corte si apprestarono a fare i conti: fin quando conteggiarono i chicchi di riso necessari per soddisfare la quantità richiesta nella prima metà della scacchiera, non vi erano problemi, la quantità era di certo imponente ma sostenibile. Tutto cambia quando si cominciò a calcolare la quantità nella seconda metà della scacchiera: alla trentaduesima casella servivano 1 miliardo di chicchi di riso che arrivavano alla straordinaria cifra di 18 trilioni alla sessantaquattresima casella [1,8447·1019]. La richiesta finale poteva ricoprire per due volte e mezza la superficie della terra. Non potendo materialmente esaudire la richiesta dell’esoso mercante e non potendo neppure sottrarsi alla parola data, il Principe diede ordine di giustiziare immediatamente l’inventore degli scacchi”.
[Leggenda a cui fa riferimento anche il Sommo Poeta Dante Alighieri – XXVIII Canto | Paradiso].
Riflettiamo sull’innovazione
Questa affascinante leggenda ha per noi ha un unico fine, quello di farci riflettere sul tema dell’accelerazione tecnologica: proviamo infatti a sostituire al “riso” sopra citato, la parola “innovazione”. Mi spiego meglio: in questi ultimi due ventenni i progressi tecnologici sono arrivati alla prima metà della scacchiera. Le innovazioni fin qui raggiunte ci permettono di utilizzare quotidianamente dispositivi digitali con una potenza sempre maggiore, migliorando la qualità della vita dei cittadini nei settori imprenditoriali e sociali. Da qualche anno però cominciamo a notare alcune storture: i più evidenti sono la mancanza di posti di lavoro dovuti alla sostituzione uomo/macchina che comportano l’acuirsi di problemi sociali. In tutta Europa sono in costante crescita le percentuali dei neet e degli analfabeti funzionali, che innescano inevitabilmente dei cortocircuiti anche nella percezione del mondo politico-istituzionale.
Accelerazioni brusche e repentine
Fino a quando l’innovazione conquistava nuovi spazi, sottraendoli alle dinamiche analogiche, non vi era nulla di male – o quasi – poiché il progresso permetteva di evolverci, diminuendo lo sforzo mentale e fisico dei lavoratori. Le innovazioni però, hanno cominciato a contendersi lo stesso spazio e questo – molto presto – sarà un problema enorme se non si avranno i mezzi per governare un processo in costante accelerazione.
Nuovi quesiti
Personalmente, dopo aver raccontato nei miei saggi del nascere di straordinarie innovazioni in ogni parte d’Italia, con una quota interessante anche nel Sud Italia, attraverso azioni di storytelling e la diffusione delle nuove conoscenze attraverso i miei workshop che utilizzano strumenti per sostenere il passaggio da una semplice intuizione al progetto, oggi mi rendo conto come coloro i quali manifestino la volontà rendere armonico il progresso dell’innovazione nel nostro Paese debbano porsi urgentemente delle domande. C’è la necessità di trovare soluzioni istantanee, per fare in modo che l’Italia non si faccia travolgere dalla potenza dell’accelerazione dell’innovazione che genera un alto rischio: quello di non riuscire a trarne un vantaggio economico e sociale per tutti i cittadini e imprese, almeno per il prossimo ventennio.
I quesiti per questo determinato periodo storico sono i seguenti:
- Il sistema Paese riesce a riconoscere le innovazioni?
- Siamo capaci di misurarle?
- Quando le riconosciamo, siamo capaci di esportarle, ovvero trasmetterla nei settori chiave nazionali e dunque nei territori?
Si perché negli anni che seguiranno cominceremo a sconfinare nella seconda metà della scacchiera, quando i chicchi di riso – ovvero le innovazioni – cresceranno esponenzialmente. Ecco il senso dell’affermazione di inizio articolo: se non riusciamo a governare questa velocità, saremo dei semplici consumatori che avvantaggeranno le multinazionali della new economy.
Riconoscere e misurare
Dobbiamo essere capaci di misurare le innovazioni perché il non ri-conoscerle ci farà correre il rischio di non saperle misurare, il che vuol dire che le interpreteremo come semplici o deboli soluzioni ai nostri problemi, ovvero non le riterremo capaci di generare un reale cambiamento allo stato attuale delle cose. Uno scenario peggiore sarà quello di misurarle unicamente per la qualità e non per quello che sono e saranno in grado di sviluppare.
Esportare
Possiamo esportare l’innovazione per emulazione o imitazione, ma per fare in modo che questa avvii un cambiamento nei territori, avremo bisogno di persone capaci, che sappiano formare nuovi corsi di laurea, ripensare l’educazione scolastica, coinvolgendo altresì – in qualche modo – tutte quelle persone che oggi sono al di fuori del sistema formativo. Questo testo vuole dunque accendere una profonda riflessione. A breve inaugureremo le attività on line dei Gruppi di LavoroInnovazione della nostra associazione e come primo atto cominceremo proprio a ri-conoscere le innovazioni. Ascolteremo nuove e buone pratiche di utilizzo delle tecnologie più prestanti per raggiungere il nostro fine, ovvero quello di trovare soluzioni inedite alle problematiche dei territori, oltre a quello – è auspicabile – di generare proposte di legge popolare che possano far progredire il nostro Paese.